Perché la Libia è diventata l’inferno dei migranti
C’è un punto su cui tutti i migranti che arrivano dall’Africa Subsahariana concordano. La Libia è un inferno, un posto in cui tutti subiscono violenze, il cui ricordo perseguita tutte le persone che, alla fine, riescono ad arrivare in Europa.
La situazione per i migranti che transitano in Libia è dunque peggiorata rispetto all’era Gheddafi. “I centri di detenzione ci sono sempre stati: bloccavano i migranti prima della partenza verso l’Europa – sottolinea Mattia Toaldo, Policy Fellow per lo European Council on Foreign Relations -. Ora, però, sono diventati quasi centri di sequestro: le persone vengono liberate solo in seguito al pagamento di un riscatto, al quale è subordinato il proseguimento del viaggio verso l’Europa”.
Per approfondire: Quanto è pericoloso inseguire un sogno. La storia di Ousmane
COSA SUCCEDE IN LIBIA: I GOVERNI E LE MILIZIE RIBELLI
Ecco, ma cosa succede esattamente in Libia? “La situazione è sempre più complessa – spiega a Stop Tratta Pietro Costanzo co-fondatore e Segretario generale di Il Caffè Geopolitico -. Ci sono due governi, ma gran parte delle zone che fanno parte delle rotte sono sotto il controllo di fazioni e tribù nomadi che, di fatto, possono agire indisturbate, trattenendo i migranti e riducendoli in schiavitù”.
Il problema, naturalmente, riguarda la natura stessa della situazione della Libia nel post Gheddafi. Attualmente, nel Paese, ci sono due governi. Il primo, che ha sede a Tobruk, è ufficialmente riconosciuto dalla comunità internazionale, ma non dalla Corte suprema libica. Il Congresso nazionale, invece, si trova a Tripoli, è in carica dal 2012 e ha deciso di non sciogliersi una volta scaduto il suo mandato.
La complessità della situazione, però, non si limita ai governi. Alcune aree di Bengasi infatti sono nelle mani di varie milizie, tra cui Ansar al Sharia, considerata vicina ad Al Qaeda e allo Stato Islamico. A Ovest, ci sono invece sono i ribelli di Alba Libica (Libyan Dawn), composti da un mix di islamisti e milizie provenienti da Misurata. I rivoluzionari sono inoltre divisi in una miriade di milizie, tutte armate e ben organizzate.
DUE PROBLEMI: LE ARMI E IL RAZZISMO
Un inferno, in cui tutti hanno a disposizione delle armi. “Durante la rivoluzione, gli arsenali di polizia ed esercito sono stati svuotati – continua Costanzo -. Un fattore che, unito alle armi che sono arrivate dal supporto di altri Paesi ai ribelli, ha portato a una situazione molto delicata”.
A questo si aggiunge anche il razzismo. I migranti arrivati in Italia lo raccontano: “In Libia le persone di colore sono considerate inferiori”, dicono. “Il razzismo – conferma Toaldo -. è peggiorato durante la rivoluzione, quando Gheddafi si è affidato a mercenari provenienti proprio dall’Africa Subsahariana”.