Migranti, trafficanti e funerali: oltre ai numeri e ai titoli di giornale

Ottocentomila. E’ il numero che oggi, 18 maggio, si legge su tutti i giornali, è il numero che ha aperto i titoli di molti tg. E’ il numero che grida all’allarme, che fa paura.

Ma è un numero, appunto. E dietro a quel numero ci sono uomini, donne e bambini. Storie di case vuote e valigie piene. Fughe, terrore e speranze. E un unico denominatore comune, profondo e oscuro: il Mar Mediterraneo, il cimitero d’acqua salata.

MIGLIAIA E MILIARDI: I NUMERI DELLA MIGRAZIONE IRREGOLARE

Già lo sapete: ottocentomila sono i migranti che, secondo l’ultimo rapporto Europol-Interpol, attendono di salpare verso l’Italia e l’Europa dalle coste libiche. Fuggono da guerre e persecuzioni ma anche, semplicemente, da una fame e una miseria che molto meglio della guerra non sono. Se ne stanno lì e aspettano, cosa bene non si sa: soldi sufficienti, condizioni climatiche favorevoli o più probabilmente la grazia dei loro traghettatori aguzzini.

Si, anche questo lo si legge su ogni quotidiano nazionale e in ogni articolo che si rispetti, qualche riga più sotto a quel numero esorbitante (800.000, ndr): il business dei trafficanti di migranti (aka, esseri umani) ha incassato solo nel 2015 tra i cinque e i sei miliardi di dollari.

Per intenderci: compagnie come Pirelli, Edison, Intesa Sanpaolo o Esselunga hanno fatturato meno.

E’ il crimine, il business multimiliardario del nuovo millennio: i “dipendenti” della multinazionale del terrore provengono da oltre 100 Paesi, tra capi che coordinano le attività lungo le rotte migratorie, organizzatori che gestiscono le attività a livello locale e facilitatori di bassa lega, precettati attraverso contatti personali.

QUELLO CHE I GIORNALI NON DICONO

Quello che non si dice, sui giornali e nei tg, è che molti di loro moriranno. Quell’ “800.000 in arrivo”, in grassetto e in prima pagina, andrebbe sostituito con un bel “Tranquilli, tanto tutti vivi non ci arriveranno mai”.

Abbandonando cinismo e ironia, i numeri – visto che a quanto pare sono quelli che contano – parlano chiaro: negli ultimi quindici anni sono più di quarantamila i morti in mare. Un po’ come se Lecco, Rieti, Terracina o Formia sparissero, inghiottite dalle acque. Giusto per rendere l’idea. Il Mediterraneo da solo se n’è presi 22.400, una media di circa 1.500 all’anno. Parola dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni.

Ma andiamo con ordine. Nel 2014, sono stati registrati 3200 decessi, nel 2015 3800 e nel 2016 se ne contano circa 1250. E non siano nemmeno a metà dell’anno.

 

E così va a finire che tra report, dossier, prime pagine e lanci in tv, a molti quel famoso ottocentomila fa paura. E fanno paura anche quei sei miliardi nelle tasche di criminali e farabutti.

A noi, invece, a fare paura è quel 1250, che piccolino se ne sta ai margini della scena. Ci fa paura perché non è un numero. Sono vite. Che non meritano di finire sul fondo del mare.

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