Aruna e il suo sogno infranto di diventare meccanico
Diventare meccanico in un altro Paese. Una passione sfrenata per i motori delle due ruote, soprattutto della Ducati come ha raccontato, e il sogno di una vita nuova hanno spinto il giovane diciottenne a lasciare il proprio Paese. Partito dal Burkina Faso, Aruna non sapeva cosa l’avrebbe aspettato: non sapeva cosa fosse il mare, non lo aveva mai visto e tanto meno sapeva nuotare. Così, dopo aver pagato 1.500 Euro agli scafisti, è salito insieme agli altri “fortunati” a bordo del barcone.
Al largo Aruna ha avuto paura di morire, ha avuto un attacco di panico, quella distesa d’acqua e il senso di non aver più la terra ferma sotto i piedi sono stati una emozione troppo forte. Di lì a poco quel barcone sarebbe diventato la sua prigione, gli scafisti i suoi aguzzini: per farlo tacere gli hanno legato mani e piedi, tanto forte da farlo sanguinare e far penetrare le corde nella carne. A nulla sono serviti i suoi lamenti, pianti e grida.
È rimasto così per tutto il viaggio, senza mangiare e senza bere. Una volta sbarcato ed arrivato nel Centro di Accoglienza, nessuno si è accorto subito della gravità della situazione: Aruna è stato giorni senza camminare ed impossibilitato ad usare le mani.
Pochi giorni dopo, è arrivato in Calabria dalla Sicilia ed è stato accolto al centro polifunzionale della polizia di Stato da padre Benedetto, dell’associazione Piccola famiglia dell’esodo di Decollatura; ricoverato d’urgenza nell’ospedale Pugliese-Ciacci di Catanzaro, è stato subito “adottato” dal personale dell’ospedale e dagli operatori dell’Associazione di Padre Benedetto, che lo ospiterà una volta uscito dall’ospedale. “Il nostro è un lavoro non solo scientifico e tecnico ma prima di tutto emozionale”, ha raccontato per l’Ipasvi di Catanzaro l’infermiera Maria Rosaria Costantino, “per questo tutti gli infermieri sono scesi in campo per Aruna nel prenderlo in cura, nel vedere le condizioni in cui versava quando è arrivato qui all’ospedale, difficili da raccontare. Lui è un ragazzo coraggioso. Per noi è come un figlio. Gli altri ospiti della Onlus che già è pronta ad ospitarlo, che parlano lingua francese, fanno i turni in ospedale per fargli compagnia, a loro Aruna ha voluto parlare e raccontare la sua storia”.
Una storia drammatica che ha comportato l’amputazione degli arti inferiori dal polpaccio e delle falangi delle dita della mano. L’intervento è per fortuna riuscito ed ora Aruna rimane in degenza in ospedale, verso la guarigione.
Racconta padre Benedetto: “La prima cosa che mi ha chiesto, dopo l’intervento, sono state delle riviste di moto, quelle moto che avrebbe voluto riparare come meccanico”.