Viaggio nella "Terra di nessuno": il campo profughi di Accra
La settimana dei volontari Stop Tratta si è conclusa con una visita alla “Terra di nessuno” il campo profughi liberiano alla periferia di Accra. Hanno partecipato alla conclusione dell'anno scolastico dei bambini della scuola primaria. È stata un'occasione per vedere con i loro occhi cosa vuol dire essere un rifugiato e vivere in un campo profughi. Cosa vuol dire decidere di partire ed emigrare. Cosa vuol dire scappare da una "Terra di nessuno".
Ecco le testimonianze di due volontari dell’Università Cattolica che hanno partecipato alla settimana di formazione.
“Dopo aver percorso 40 km in due ore e mezza, finalmente giungiamo nel campo profughi liberiano. Percorrendo la via che conduce alla chiesa del campo, mi prende una morsa al cuore, gli odori sono nauseabondi e le abitazioni, se così possono definirsi, sono diroccate. Tutto cambia quando entriamo nella chiesa del campo, l’atmosfera li è di festa, tutti sono ben vestisti per la cerimonia di diploma di alcuni bambini della scuola. Dopo aver assistito a parte della cerimonia, in cui l’inglese spesso è incomprensibile alle mie orecchie, passo un paio d’ore in compagnia di alcune bambine. Tra la continua stretta al cuore e la felicità incommensurabile che provo nel vederle sorridere, gioco con loro e il tempo si ferma. Arriva il momento dei saluti, le bambine mi chiedono se tornerò, ma io non rispondo perché non riesco a trattenere le lacrime”.
ANGELA ROBERTO studentessa Università Cattolica
“Una volta giunti alla scuola del campo profughi liberiano dopo aver attraversato la città di Accra la situazione è di festa e divertimento. La comunità celebra la fine dell’anno scolastico: musica, genitori e bimbi felici e sempre pronti a giocare. Quello che mi appare evidente è il contrasto tra la loro felicità e il campo profughi intorno, le discariche a cielo aperto, l’immondizia bruciata, i rivoli di fango, le strade dissestate, le piccole stanze dove intere famiglie alloggiano e i bambini scalzi che giocano con bottiglie di plastica e con pneumatici.
Dopo essere usciti dal campo mi domando più volte come si possa essere felici e pieni di gioia nonostante si viva in un luogo dove ogni basilare diritto viene violato e perché molti dei rifugiati non debbano sfruttare la loro unica possibilità di emigrare da questo inferno quando questa si presenterà come chiunque altro farebbe”
ANDREA RIZZICA studente Università Cattolica