Suggestioni da Tambacounda: il Senegal non finisce a Kaolack!
Fa caldo laggiù! Questa la reazione media di chiunque venisse a sapere che sarei andato a Tambacounda (Tamba, per gli amici). Parole pronunciate con grande sorpresa e un certo stupore. Perché mai d’altronde qualcuno dovrebbe andare a Tamba? Non c’è nulla.
E in effetti è così. Come qualcuno ha detto durante il nostro soggiorno laggiù, sembrerebbe che il Senegal finisca a Kaolack, ultimo avamposto di apparente dinamicità sulla Rue Nationale 1, direzione Mali.
E purtroppo o per fortuna Tamba, invece, è tutt’altro che statica e ferma. Da queste parti tutto si muove. Da qui passano in continuazione gli innumerevoli camion in entrata e in uscita dal Mali, ma soprattutto da qui passano e partono tanti giovani senegalesi e non solo per raggiungere il Paese limitrofo e proseguire il loro viaggio della speranza verso l’Europa e il tanto agognato benessere.
Perché purtroppo a Tamba, cittadina di 80.000 anime, non sembrano esserci grandi opportunità e prospettive, soprattutto per i giovani, che rappresentano la grande maggioranza della popolazione senegalese e il principale punto di riferimento per le proprie famiglie, concetto che qui si allarga incredibilmente rispetto ai nostri standard.
Ed è, quindi, da queste parti che il VIS ha realizzato il suo progetto “Azione di contrasto alla migrazione irregolare attraverso il sostegno allo sviluppo locale nella Regione di Tambacounda” con l’obiettivo di creare le condizioni perché queste prospettive, invece, possano concretizzarsi e i giovani possano scegliere di restare e realizzarsi anche qui, nella cosiddetta casa loro. E il VIS ha fatto ciò supportando attori locali in grado di offrire percorsi formativi adeguati e pertinenti al contesto, adottando una logica per la quale formazione e sviluppo di competenze possono essere viatici di opportunità più ampie per il singolo e le comunità. Logica tutt’altro che scontata, perché molteplici e complesse sono le dinamiche che spingono un giovane a lasciare casa e affetti per intraprendere un viaggio pericoloso, di cui spesso si conoscono i rischi reali, con la speranza di poter raggiungere l’eldorado europeo e poter così assicurare a sé e la propria famiglia un futuro migliore.
Temperature elevate e strade dissestate a parte, è stato veramente importante per me, giovane collaboratore VIS alle prime armi, poter vedere, parlare e conoscere luoghi e persone, poterne cogliere i problemi, le difficoltà e i bisogni. Credo sia fondamentale dare un volto alle persone e consistenza ai luoghi dai quali partono quei ragazzi che quotidianamente vediamo tentare di raggiungere le nostre sponde, simbolo di speranza, successo e benessere. Lo è ancor di più da aspirante professionista di questo settore, quello della cooperazione internazionale, che ha il compito di contribuire a dare dignità a questi luoghi e a queste persone, vittime di situazioni e dinamiche viziose che minano alla base prospettive, ambizioni e aspirazioni personali e collettive.
Siamo stati a Tamba qualche giorno per condurre una valutazione interna del progetto e accompagnare la visita del donatore, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Sono stati, quindi, giorni tanto intensi quanto interessanti, che ci hanno permesso di cogliere l’impatto e i cambiamenti innescati dal progetto, le sue potenzialità e i suoi punti deboli.
Un episodio, in particolare, tra le diverse testimonianze raccolte mi ha colpito: si tratta della scelta di un ragazzo di Koar, piccolo villaggio letteralmente sperso nel nulla, emigrato irregolarmente qualche tempo fa e arrivato in Italia, il quale, saputo del progetto di imprenditoria agricola promosso dal progetto VIS nel suo villaggio che ha unito trenta giovani, ha scelto di rientrare per unirsi all’iniziativa, convinto del fatto che sia un’alternativa credibile alla clandestinità.
Una ventata d’aria fresca nella torrida Tamba!
Matteo Mancini, stagista nell'ambito del progetto Stop Tratta