#talesofAfrica: la storia di Ahmed


Ahmed Ndiaye è un giovane ragazzo senegalese di 20 anni, originario di Linguere, città che si trova a 305 km a nord est di Dakar. Linguere in wolof significa “principe”. Ma Ahemd non ha nulla del principe, e la sua città non assomiglia a una reggia: è, al contrario, una località semi desertica, dove l'unica vera sovrana è la povertà.

Arrivato a Dakar nel 2009, Ahmed vive con i suoi fratelli maggiori nel quartiere Apecsy, in riva al mare, e lavora come apprendista in una sartoria. Ci racconta che è cresciuto in un Daara*, scuola coranica, per 10 anni. Faceva il mendicante e veniva spesso picchiato, come la maggior parte dei ragazzi che crescono lì: hanno l'obbligo di portare una certa somma di danaro al giorno, come frutto della mendicità. Se falliscono, vengono percossi e malmenati.

Ahmed ha perso il papà da qualche anno e dice che sua mamma nutre anta speranza in lui. Per non deluderla, si impegna a imparare qualche mestiere e anche il francese. Molti giovani senegalesi non lo parlano; nelle Daara studiano soltanto l'arabo

Ahmed si è iscritto al corso di alfabetizzazione organizzato dal Centro Don Bosco, che offre a molti giovani di colmare le proprie lacune e studiare, incrementando così le proprie opportunità lavorative. Il corso di alfabetizzazione però è solo un primo passo; Ahmed desidera frequentare, un giorno, un corso professionale, magari serale, per poter mantenere il lavoro di giorno.

Ahmed ha un sogno: diventare un bravo sarto e un grande commerciante. Gli mancano i soldi per iniziare, ma non smette di sperare, non smette di impegnarsi. Non vuole deludere la sua mamma, non vuole deludere se stesso.

 

 

*La condizione di vita dei bambini, detti Talibè, nelle scuole coraniche in Senegal, rappresenta un problema molto vasto su cui il Governo riesce a intervenire in maniera marginale per via del peso sociale e politico che i marabut hanno nella società senegalese. I Talibè (Da Taliban, studenti coranici), bambini tra i 3 e i 15 anni provengono principalmente da villaggi nelle zone rurali non solo del Senegal, ma anche del Mali, del Gambia, e delle due Guinee. Sono inviati dai loro genitori presso le Daara (scuole coraniche, ndr) dirette da maestri che vengono chiamati Marabut, per apprendere il Corano e i precetti dell’Islam (i Marabut oltre che maestri, sono anche delle guide spirituali che fabbricano talismani per i loro discepoli dotati delle più svariate potenzialità.) Purtroppo l’urbanizzazione selvaggia della capitale ha fatto crescere in maniera esponenziale queste daara al di fuori di ogni controllo. Ogni daara può arrivare a contare anche 300 bambini. Questi bambini di fatto sono costretti a mendicare tutto il giorno, dalla mattina presto fino alla sera, per portare una “quota fissa” al loro marabut che dovrebbe servire al loro sostentamento. Se non lo fanno spesso vengono picchiati. Di fatto i soldi delle elemosine vengono requisiti dai marabut e le condizioni di vita in queste scuole coraniche sono indegne (ci sono strutture dove non esistono cucine e neppure tetti per coprire le sale dove dormono i bambini), e spesso devianti visto che manca ogni forma di educazione.