#talesofAfrica: la storia di Leila


“Voglio lanciare un messaggio ai miei connazionali che vivono fuori dal Senegal. Se state male, non abbiate paura di rientrare. Dobbiamo credere nel nostro Paese. Se avessimo avuto la forza di unirci non saremmo dovuti emigrare. Perché anche con poco si può costruire qualcosa”.

Leila* ha 39 anni. È nata in Senegal e lì ha studiato per diventare operatrice turistica. Una volta ottenuto il diploma ha chiesto ed ottenuto un visto per venire in Italia, a Bergamo, e raggiungere il marito. Pensava di restare solo qualche mese, ma durante il soggiorno è rimasta incinta e dopo il primo figlio ne sono arrivati altri due. Così, a Bergamo, ha vissuto undici anni. In Italia dice di esser stata bene dal punto di vista umano, mentre economicamente è stato molto più difficile. Nel settore del turismo non è riuscita a lavorare ma ha comunque ottenuto un diploma in italiano e uno come badante.

Racconta di esser stata costretta a tornare in Senegal per un disguido. Perché nel 2013, quando aveva deciso di volare in Patria per curare un’infezione, si era trattenuta troppo tempo. Leila non sapeva che la legge italiana annulla il permesso di soggiorno per chi lascia l’Italia troppo a lungo. Così, una volta tornata a Bergamo aveva scoperto di non essere più in regola con i documenti. “Dopo 11 anni in Italia mi sentivo a casa mia – racconta - era la terra dove erano nati i miei figli. È stato difficile lasciarla, ma non me la sentivo di rimanere come clandestina. Preferisco vivere in un Paese dove posso camminare tranquilla per strada, senza la paura che la polizia mi fermi”.

Adesso in Senegal per lei la vita è molto difficile. A 39 anni è considerata vecchia e le possibilità di trovare un impiego sono quasi inesistenti, perché gli alberghi preferiscono assumere giovani appena diplomati. Il suo sogno è quello di aprire una sartoria o di fare la parrucchiera. La Caritas, con cui è entrata in contatto in Italia, le ha promesso che la aiuterà nel suo progetto.

Nonostante tutto Leila crede nel suo Paese. Pensa che unendo le forze sia possibile costruire qualcosa. Il problema, spiega, è che chi è partito ha paura di tornare, anche se all’estero sta male, perché teme di deludere la famiglia che aveva creduto in lui e che aveva messo da parte i soldi per farlo emigrare. “Se torni senza soldi – spiega Leila – dicono che non sei stato coraggioso, che ti sei dato alla bella vita”. 

 

*nome di fantasia