A Tambacounda una tavola rotonda per sostenere i processi di sviluppo
Il mondo della cooperazione internazionale ha molteplici facce. Le organizzazioni non governative come il VIS lavorano con le comunità, con gli ultimi ma non solo. In questa testimonianza Stefano Merante, operatore del VIS, ci racconta cosa vuol dire e a cosa serve organizzare una tavola rotonda con gli attori istituzionali del territorio.
"Si consiglia, con la lettura, l’ascolto di Lagrimas Tatuadas di Habana Blues, a mio parere la più bella canzone sulle migrazioni, pur in un contesto diverso.
I ragazzi partono, arrivano poi dei messaggi dal Mali o dal Niger, o ancora peggio da quella sorta di Stato che nelle cartine moderne stiamo chiamando Libia, che nazione non è, e luogo dove regna lo stato di diritto neanche. Sono messaggi che parlano di atrocità, di morti viste, di richieste di soldi urgenti per fare un altro passo più in là oppure, ed è ancora peggio, sono messaggi che la morte l’annunciano. A decine, a centinaia.
“Una tragedia cui lo Stato non può più assistere impotente”, dice Sory Kaba, il Direttore Generale dei Senegalesi all’Estero, massimo esponente dello Stato senegalese per la tematica della migrazione. Lo dice aprendo la Tavola Rotonda “Verso un Piano d’Azione concertato sulla migrazione nella Regione di Tambacounda”. E’ venuto da Dakar, un blitz di due giorni, perché ci teneva a moderare i lavori, di persona, per testimoniare che lo Stato ha deciso di cambiare marcia sulla tematica.
Ho sempre pensato (e qui ce n'è un esempio) che non ci si possa più barricare dietro alla scusa che in quanto organizzazioni non governative “noi lavoriamo solo con le comunità, con gli ultimi”. Certo, quella è una delle nostre missioni, la più profonda, la più vera, la più reale; ma essa è scevra di significato se, contemporaneamente (en même temps, il “tic linguistico” del neo-presidente Macron!), non si lavora anche a fianco delle autorità, per creare sistemi partecipativi di pianificazione e di decisione.
E dunque, sulla base di un’intuizione avuta con il nostro partner ADAFO (l’Ufficio salesiano di Pianificazione e Sviluppo dell’Africa occidentale) e grazie ai fondi del progetto “Co-partners in development”, abbiamo organizzato, con l’équipe al completo, un happening di due giorni con una quarantina di partecipanti: sindaci, presidenti dei dipartimenti, entità pubbliche di sviluppo agricolo, di impiego, centri di formazioni, associazioni ed ONG, rappresentanti dei migranti, direzioni regionali dei ministeri.
“Non deve essere un altro atto di più” dice il vice-sindaco di Tambacounda, e poi si dedica ai lavori di gruppo per definire, di fianco alle associazioni del territorio e alla responsabile per l’impiego giovanile, le linee d’azione e le attività da realizzare per mettere un freno all’emigrazione irregolare e massimizzare l’impatto della diaspora senegalese per lo sviluppo della Regione.
In due giorni non possiamo aspettarci miracoli, ma alla fine della Tavola Rotonda viene delineato il processo che porterà alla creazione di un Comitato Regionale per le Migrazioni (il secondo in Senegal, ma il primo con vocazione istituzionale), un processo di pianificazione partecipativa che avrà ancora cinque tappe. Un workshop per ognuno dei quattro dipartimenti (Tambacounda, Goudiry, Bakel e Koumpenntoum) tra settembre e dicembre e poi appuntamento a Tambacounda di nuovo a gennaio 2018 per affinare e lanciare il primo “Piano d’Azione Regionale concertato sulla Migrazione”. Un laboratorio che, se avrà successo, potrà essere replicato su scala nazionale. Uno strumento che servirà a coordinare e federare tutte le azioni, tutti i programmi e progetti in corso e futuri (presentati nel corso della tavola rotonda), ma anche per pensare nuovi interventi, influire sulle politiche nazionali del settore e anche fare lobbying per aumentare gli investimenti dello Stato nella Regione, senza i quali i figli di questa terra arida e con poche opportunità decideranno ancora che “è meglio tentare la strada piuttosto che restare qui”.
In questi due giorni non abbiamo fatto progetti, non abbiamo formato giovani, non li abbiamo aiutati a trovare lavoro, quelle cose che fanno mettere i like su Facebook quando si vedono volti di bambini e di giovani. Ma a volte mi chiedo se, nel chiuso di una sala un po’ retrò, forse non abbiamo fatto qualcosa di più: mobilitato gli attori del loro territorio. La risposta la si saprà tra anni, per ora ci rimangono le parole nell’aria dell’Hotel Malahika, che parlano del VIS, un’ONG che opera al nostro fianco, non solo per prendere finanziamenti e fare progetti, ma per sostenere difficili processi di sviluppo. A me per oggi basta così".
Stefano Merante, operatore VIS in Senegal