La prigione delle anime perdute
Nelson Mandela diceva che: “… non si conosce veramente una nazione finché non si sia stati nelle sue galere. Una nazione dovrebbe essere giudicata da come tratta non i cittadini più prestigiosi ma i cittadini più umili…”.
Siamo stati nel riformatorio minorile di Osu ad Accra, la capitale del Ghana, per incontrare i più umili, gli ultimi, comprendere se ci sia una vera riabilitazione, un vero reinserimento nella società. Un passo verso un luogo chiuso dove solo le speranze hanno la possibilità di uscire e vivificare nei sogni di domani.
Stiamo conducendo una ricerca sui minori in conflitto con la legge per capire le principali cause e constatare le reali condizioni di vita all’interno del riformatorio ma soprattutto individuare le possibilità di un proficuo reiserimento nella società. Infatti se tale reiserimento non avviene tutti questi giovani vulnerabili potranno facilmente trasformarsi in potenziali migranti ed intraprendere il terribile viaggio per giungere in Europa.
Il riformatorio appare pulito ed ordinato, ci sono due sezioni una maschile e l’altra femminile. Iniziamo la nostra ricerca dal settore femminile, somministrando un questionario ai giovani detenuti. Entrando nella sala dove hanno riunito le ragazze mi accorgo di un gatto che giace sonnolente accanto a dei bellissimi fiori viola. Questa immagine stonerà fortemente con lo stato d’animo delle ragazze, fragili ed impaurite di fronte a degli stranieri che sono in procinto di fargli domande sul perché ed il percome si trovano lì. La loro fragilità traspare dappertutto, dai loro gesti veloci ed istantanei e dalle loro frasi troncate a metà. Non parlano inglese ma solamente la lingua locale il Twi, quindi abbiamo necessità di un interprete per decifrare tutte le loro storie.
Le tre ragazze intervistate sono già state condannate senza che un avvocato potesse difenderle. Infatti o la tua famiglia può permettersi di assumere un avvocato oppure bisogna affidarsi a quelli d’ufficio che non sono contrattati dallo stato ghanese ma svolgono una mera opera di volontariato. Quindi la possibilità di avere un avvocato a propria difesa prescinde solamente dalla volontarietà ed il buon cuore di un avvocato che vuole aiutare un minore detenuto e sotto processo.
Una ragazza è stata condannata ad un anno di detenzione per rissa, un’altra ad un anno e mezzo per aver rubato un telefonino ed infine l’ultima a 3 anni per aver rubato dei soldi al mercato. Pene severe in rapporto al crimine commesso e per di più da minori d’età. Lasciamo velocemente il reparto delle ragazze, per dirigersi verso quello maschile. L’assistente sociale ci ringrazia di essere venuti e di aver ascoltato per un breve lasso di tempo la storia di queste tre fragili ragazze.
Arrivati nel reparto maschile, la situazione è la stessa. Fortunatamente gli ambienti sono puliti ed ordinati ma gli occhi dei ragazzi hanno la stessa lucidità di quelli delle ragazze. Il primo ragazzo che intervistiamo non alza mai lo sguardo, lo tiene sempre riverso verso il basso, cercando non so cosa, se stesso? Il suo futuro? Anche loro non parlano inglese ed abbiamo bisogno dell’assistente sociale per comprendere il Twi. I due ragazzi che intervistiamo hanno una storia simile, sono stati arrestati perché accusati di far parte di gang criminali, ma l’assistente sociale ci spiega che non è così fuori dal comune essere arrestato perché ti trovi al momento sbagliato nel posto sbagliato. Infatti la polizia per questi reati minori non conduce delle indagini accurate e spesso arresta preventivamente chi si trova nel luogo del crimine o se ha qualche sospetto a suo carico.
In questo modo inizia un vero calvario per il ragazzo. Come per le ragazze se non è possibile assumere un avvocato bisogna affidarsi solamente a quelli che lo fanno volontariamente. Uno dei ragazzi intervistati ci dice che la settimana scorsa non ha potuto presenziare alla sua udienza perché l’avvocato non si è presentato, in questo modo il tempo passa ed il minore rimane nel riformatorio senza essere giudicato. Di norma dovrebbero restare nella struttura al massimo sei mesi ma può succedere che vi restino più tempo a causa dei ritardi processuali o degli avvocati volontari che non si presentano all’udienza del processo.
Uno dei ragazzi intervistati ha i capelli rasta e non vuole tagliarli, l’assistente sociale ci dice che è un male poiché il giudice può facilmente farsi influenzare dal look trasandato del giovane ed emettere una condanna anche grazie a questo dettaglio. Ciò è veramente inimaginabile, emettere o no una condanna anche analizzando il look del processato.
Finite le interviste anche l’assistente sociale ci ringrazia della visita e spera che possiamo aiutare questi ragazzi soprattutto con il supporto legale, avere un’avvocato che dovrebbe già essere un loro diritto inalienabile. Saluto anche i ragazzi, gli stringo la mano ma la loro stretta è debole, quasi si soprendano che uno gli possa rivolgere un saluto. Il loro spirito è perso non so dove, la tristezza e forse anche il dolore che avvolgono la loro anima ed il loro cuore traspaiono in modo evidente. Il riformatorio, la prigione dovrebbe essere un luogo dove ritrovare se stessi, comprendere i propri errrori e risorgere a nuova vita, non un luogo dove perdersi ancor di più. Perdersi ed obliarsi dal mondo e da se stessi.
Giampaolo Gullota
VIS Regional Project Manager – West Africa and Caribbean