A nuoto per raggiungere la costa, ma erano ancora in Libia
Dopo diversi giorni trascorsi in mare in balìa delle onde, alcuni migranti partiti dalla Libia, avvistano la terra ferma. Un frammisto di gioia, emozione e trepidazione.
Si tuffano in mare sperando così, di raggiungere la salvezza, la nuova vita; alcuni di loro muoiono annegati in mare, annaspando nelle poche decine di metri di acqua che li separano dalla spiaggia. Solo quando i sopravvissuti raggiungono stremati la costa si rendono conto, con disperazione, di essere ancora in Libia.
Il viaggio di circa 80 migranti per lo più di origine sengalese è terribile e, ad onor del vero vista la conclusione, inutile; partiti da Sabratha - in Libia Occidentale - tre giorni prima, erano stati sballottolati dal mare agitato per arenarsi poi tristemente, in una spiaggia di Tripoli a circa 70 chilometri ad est dal punto di partenza.
“Pensavamo di essere arrivati in Italia”
racconta uno dei sopravvissuti alla AFP.
Una scena raccapricciante, raccontano testimoni che hanno visto alcuni dei migranti prima tuffarsi scompostamente in mare per poi essere inghiottiti dalle acque perché incapaci di nuotare. Tra i sopravvissuti, tutti in stato di shock, anche una donna incinta ed un bambino. La donna incinta, seduta in lacrime sulla spiaggia, piangeva la morte di un parente guardandone il corpo privo di vita.
La Mezzaluna Rossa libica ha dichiarato di aver recuperato quel giorno i corpi di 5 passeggeri sulla spiaggia e averne trasferite 80 nei Centri di accoglienza.
Rimane il fatto che dal 2011 ad oggi, continua a crescere il business dei trafficanti di esseri umani, gente priva di scrupoli che getta ogni giorno centinaia di disperati verso l’ignoto: persone già debilitate da un lungo viaggio, persone che non sanno nuotare e spesso non hanno nemmeno mai visto il mare, persone che non ha più nulla da perdere se non la propria vita.
Vita che per i trafficanti vale poche migliaia di euro.
Fonte: AFP