Progetto a Tambacounda: conosciamo meglio il nostro partner EXPERNA
Sempre all’interno del progetto Azione di contrasto alla migrazione irregolare, finanziato dalla Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in Senegal, durante il workshop che si è tenuto venerdì 16 dicembre, abbiamo potuto incontrare il Presidente dell’Associazione EXPERNA, Opa CISSOKHO.
Experna (Entente Inter-villageoise pour la préservation et exploitation des ressources naturelles et agricoles) nasce nel 2005 dall’idea stessa del presidente e di altri collaboratori, abitanti della regione di Tambacounda, in particolare della provincia di Goudiry, est del Senegal, di poter rispondere alla sfida del cambiamento climatico, vettore di povertà e causa prima della migrazione irregolare.
Il presidente ci spiega che
“nelle zone rurali il cambiamento climatico, la siccità, il sistema di produzione del carbone e i “feu de brousse” (la pratica tradizionale di bruciare i terreni per renderli fertili) sono le cause di povertà della popolazione della zona, di abbandono delle terre e di diffusione della migrazione irregolare tra i giovani”.
Con occhi pieni di passione, Opa ci racconta passo per passo come siano nate le idee di questo piccolo gruppo di persone e come si siano unite l’una all’altra dando forma a Experna.
La fame è l’immagine in primo piano, ma dietro di essa ci sono i veri motivi che portano la gente a lasciare le proprie terre: i bambini hanno fame, ma la terra non da frutti, gli animali muoiono, non si riproducono, la gente abbandona…
Nei suoi racconti, Opa, ci fa capire come la paura di vedere la gente morire di fame sia la vera spinta che ogni giorno li vede in campo fianco a fianco agli agricoltori per poter arrivare a coltivare e quindi avere dei soldi per mangiare e dar da mangiare alla propria famiglia.
Il primo intervento che hanno dovuto fare, come associazione, è stato quello di guadagnare la fiducia dei contadini, soprattutto quelli legati alla tradizione di bruciare i campi senza realizzare alcuna attività di rimboschimento.
La mentalità, questo è il grande ostacolo che cita più volte Opa, non solo nel cambiare le tecniche per coltivare, o per trasformare le materie prime, ma anche nella voglia di abbandonare la propria terra al suo destino e di guardare oltre il Mediterraneo come unica alternativa alla sopravvivenza. Ed Opa, ci conduce adesso nella comprensione del fenomeno nella zona di Goudiry e dell’Est del Senegal e delle contromosse da mettere in pratica per contrastarlo.
Racconta Opa:
“L’intervento da fare è socio-culturale, ovvero meglio canalizzare la solidarietà del villaggio. Adesso essa si manifesta nella coesione che si crea attorno ad un membro della famiglia che decide di partire per l’Europa, in maniera così forte da condurre alla percezione che la morte durante il viaggio fa del migrante un eroe, colui che ci ha provato, che ha cercato un’alternativa per la sua famiglia, poco importa che fallisca e perisca nel cammino”.
I “prescelti” dalla famiglia per il viaggio non sono più solo uomini, sempre più famiglie decidono di mandare una ragazza.
“Il fenomeno muta: negli ultimi anni non solo i ragazzi vengono “scelti” dalla famiglia per partire, per prendere la strada del deserto, ma anche le ragazze. Un cambiamento epocale in una società con grande influenza mussulmana e di protezione della donna, che fa capire quanto le alternative oltremare siano le uniche possibili per la sopravvivenza della famiglia. Le donne diventano dunque vulnerabili in più sensi: sono a casa, lasciate dagli uomini emigrati, ma anche sempre più a rischio esse stesse di cadere nella rete della tratta”.
IL SOGNO EUROPEO È LA FICTION DELLA VITA VISTA IN TV
Opa e Doudou, suo collega presente all’atelier, ci raccontano come anche loro siano stati attratti dalla migrazione, ma una migrazione regolare con una possibilità di visto, una famiglia all’aeroporto che ti aspetta e delle possibilità di rientro con un lavoro, uno status sociale elevato da far invidia ai coetanei che sono rimasti. Ma poi il tono cambia e parlano dei ragazzi di oggi, i giovani che vivono nella campagna di Goudiry, tra baobab e leoni che attraversano la strada, giovani che vogliono andare in Europa per trovare la “vita vera”, “quella della TV” e che per raggiungerla non hanno paura di affrontare il deserto o il mare aperto, giovani pieni di speranza, ma anche senza alcuna conoscenza reale di quello che li aspetta.
L’associazione Experna lavora con gruppi di donne che si sono riunite in cooperative, che hanno capito l’esigenza di dover trovare delle soluzioni locali contro la povertà e la fame: assieme a Opa e ai suoi collaboratori questi gruppi hanno iniziato a coltivare in maniera più regolare, utilizzando delle tecniche nuove, piantando alberi là dove hanno bruciato e, in alcuni casi, iniziando a creare valor aggiunto alla produzione, trasformando le materie prime.
La mentalità nelle zone di campagna è questa: tutto subito, ci spiega Opa… preferisco guadagnare meno e vendere la materia prima non trasformata che aspettare anche solo due giorni e guadagnare di più. Experna ha creato relazioni con aziende agroalimentari per la trasformazione dei prodotti delle cooperative, ma molto spesso le contadine non credono di essere pagate correttamente la strada da fare per portare le materie prime è lunga e non ne vale la pena.
Trovare un’alternativa questa è la sfida continua di Opa. Experna sta allora creando un’azienda che possa pagare correttamente, con un valore giusto ed equo, i frutti della terra che queste donne producono e poi poterli trasformare direttamente, senza intermediari, ma è ancora lunga la strada da percorrere.
L’associazione si è anche mossa per poter entrare nel sistema del Commercio Equo e solidale, ma anche questo è un passo difficile: sicuramente i prodotti sono bio, la qualità può essere certificata e poi le quantità potrebbero non rispondere alle esigenze… anche questa, una strada da percorrere ma tutt’altro che scontata.
Durante l’intervista, Opa ritorna infine sul discorso della migrazione: i ragazzi lasciano le terre perché non vogliono finire come i loro genitori a coltivare per tutta la vita una terra che da sempre meno frutti, che ha bisogno di nuove tecniche che però non sono ben viste dalla comunità. I giovani vogliono poter dire ce l’ho fatta, sono partito e sono tornato: posso permettermi una bella macchina, una bella villa e anche una bella moglie. Dal suo racconto traspare l’enfasi sul tema e nei commenti, tra un racconto e l’altro, ci fa capire che anche lui da giovane cercava questo, ma poi lui, che ha avuto la possibilità di vedere l’Europa e di capire come si vive in Francia da migrante, ha detto no, la sua vita è qui, in Senegal, in una zona calda e afosa che durante i mesi di aprile-maggio sopporta fino a 50°C di temperatura, una terra dove è difficile coltivare perché non è possibile introdurre nuove tecniche senza l’elettricità.
LA VERA ALTERNATIVA ALLA MIGRAZIONE IRREGOLARE È LO SVILUPPO
Vediamo in lui un Senegal che ci crede e vede che la vera alternativa alla migrazione irregolare è quella di sviluppare il proprio paese, fare advocacy al governo perché faccia degli investimenti anche nelle zone meno popolose perché il suo popolo non debba migrare verso la capitale o oltremare. Un’attività che è stata introdotta da Experna in queste zone senza corrente elettrica è stata quella dell’utilizzo di pannelli solari per creare energia per la produzione e la trasformazione dei prodotti. Piccoli cambiamenti per grandi processi.
Il lavoro che questa associazione farà all’interno del progetto è quello di ampliare l’offerta formativa in ambito agrosilvopastorale insieme ad un supporto alla creazione di micro-imprese di giovani e di donne afferenti all’intera catena del valore delle filiere agricole, forestali e pastorali e che valorizzino l’agro diversità e la compatibilità climatica.
Insieme a VIS e Salesiani auguriamo a Experna una buona riuscita, non solo nell’ambito del progetto, ma anche per tutti gli obiettivi a medio e lungo termine che possano aiutare i ragazzi a farcela nel proprio paese!
Paola Schinelli, Coordination Régionale Afrique de l'Ouest