La Carta di Lampedusa, slegando il concetto di spazio da ogni logica di proprietà e privatizzazione, inclusa quella propria della tradizione degli stati nazionali, afferma la libertà di ogni essere umano di scegliere il luogo in cui abitare e la conseguente libertà di opporsi e battersi per rimuovere gli ostacoli che a essa si frappongono. Tale libertà si riferisce anche ai/alle minorenni adolescenti che vanno considerati/e in quanto persone consapevoli, pur nella necessità di garantire per essi/e ogni forma di tutela legata alla loro minore età.
(…) La Carta di Lampedusa afferma la libertà di restare come libertà di abitare qualsiasi luogo, diverso da quello di nascita e/o di cittadinanza, anche una volta che le persone abbiano lasciato il proprio paese e di costruire in tale luogo il proprio progetto di vita. (…)
Afferma inoltre che la libertà di restare e di costruire il proprio progetto di vita nel luogo in cui si è scelto di abitare implica l’assenza di ogni sfruttamento e accesso alla salute, alla casa, al lavoro e all’istruzione, alla comunicazione e all’informazione, anche e soprattutto giuridica, senza nessuna discriminazione, così come la rimozione di ogni ostacolo, in ogni ambito dell’esistenza, che possa impedire l’esercizio di tale libertà.
Dobbiamo dare continuità a quella sequenza che è salvare la vita, accogliere e integrare. È un problema di integrazione, cioè di uguaglianza tra diversi.
Questa unità nella diversità si realizza nel riconoscimento dell’altro, nel dialogo, nella comprensione e nella responsabilità. Papa Francesco alle Nazioni Unite ha parlato di dignità: “Tutti devono poter disporre della base minima materiale e spirituale per rendere effettiva la propria dignità. Un minimo assoluto che ha tre nomi: casa, lavoro, terra”.