Quei ventuno corpi senza vita erano donne che inseguivano un futuro

Prima di essere ventuno donne morte, le migranti che hanno perso la vita su un barcone mercoledì 20 luglio, erano ventuno donne fuggite dalla guerra, dalla carestia, dalle persecuzioni. Erano ventuno sopravvissute, erano ventuno guerriere, ventuno sognatrici. Volevano un futuro migliore: per la propria famiglia, per i propri figli, per se stesse.

Dai banchi di scuola al mercato del lavoro: a Dakar si insegna a credere nel futuro

Giovedì 14 e venerdì 15 luglio il centro Don Bosco di Dakar si è illuminato, si è riempito di sorrisi, di orgoglio, di speranze per il futuro.

Si è concluso l'anno scolastico, e trenta ragazzi hanno ricevuto un attestato, che indica la fine della loro formazione, che indica il primo passo nel mondo nel lavoro. Che indica che, insieme, si può fare, si può crescere.


  • 13 Lug, 2016
  • Senegal

  • 11 Lug, 2016
  • Senegal

“Il giorno in cui mio figlio partì è stato l’ultimo giorno in cui l’ho visto. Era un giovane pescatore, aveva 25 anni. Certo che lo aspetto. Come madre ho il dovere di aspettare mio figlio. Anche se so che non tornerà mai più.”

Traffico di esseri umani (e dei loro organi)

"Se non possono essere fonte di guadagno da vivi, lo saranno da morti. Ecco la filosofia spiccia dei trafficanti di uomini. Uccidono i migranti che non hanno denaro sufficiente a proseguire il viaggio per venderne gli organi, così si legge oggi sui giornali. La notizia  non è ancora verificata, ma fa paura. Le immagini di corpi violati, fatti a pezzi, trovate sul telefono di un presunto trafficante, anche quelle fanno paura.


  • 05 Lug, 2016
  • Senegal

“Sono stata in Europa otto anni. Ho vissuto in Italia e in Spagna. Il lavoro non mancava, ma non avevo il permesso. Un giorno la polizia mi ha fermata, mi ha messa su un aereo e mi ha rimandata in Senegal. Qui sto male, il lavoro non c’è, non so come far mangiare mia figlia”.


  • 01 Lug, 2016

“Lavoro per mandare i soldi alla mia famiglia: mia madre e mio padre sono ancora vivi, quindi li devo aiutare. Non importa dove, se qui, al Nord o in un altro paese: per me ora l'unica cosa importante è avere un lavoro. Se ne avessi l'opportunità, andrei ovunque.”

Ashin Ada ha 22 anni, è nato nel nord del Ghana e da due anni si è trasferito ad Accra, la capitale, insieme a suo fratello. Ha lasciato la scuola e il resto della famiglia per lavorare.


  • 01 Lug, 2016
  • Senegal

“Voglio lanciare un messaggio ai miei connazionali che vivono fuori dal Senegal. Se state male, non abbiate paura di rientrare. Dobbiamo credere nel nostro Paese. Se avessimo avuto la forza di unirci non saremmo dovuti emigrare. Perché anche con poco si può costruire qualcosa”.

Contro la tratta restiamo umani

"Il 18 aprile 2015 il Mediterraneo è stato il cupo teatro del più grande naufragio di tutti i tempi. Più di 700 morti, nel vano tentativo di raggiungere una vita migliore. Oggi, dopo poco più di un anno, la nave Ievoli Ivory ripesca il barcone dai fondali, ma il mare non si placa. Dieci donne morte tra le acque, mentre i 27 capi di Stato europei, a Bruxelles, discutono il Migration Compact.


  • 28 Giu, 2016
  • Senegal

Lo rifarei? No. Da quando sono rientrato mi hanno proposto più volte di partire per l'Europa. Ho sempre rifiutato. Vorrei lasciare il Senegal, certo, ma solo attraverso vie legali. È troppo pericoloso. Troppo doloroso.

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